Per parlare della sinistra occorre certamente studiare la storia ma non ci si può fermare alle origini con la rivoluzione industriale dell’800 o alla rivoluzione russa o alla nascita del PCI. Nel tempo la parola sinistra è andata incontro a grandi e piccole modifiche nel significato, nel percorso storico e nell’atteggiamento del popolo che l’ha esperita.
Come possiamo riconoscere una sinistra nella Russia odierna o nella Cina dove un uomo solo al comando impone il suo potere anche a paesi terzi limitrofi? Se un tempo la rivolta partiva dalla volontà di un popolo, oggi che siamo tutti parte di un continente (vedi l’Europa) o di un’alleanza strategica (vedi la NATO) o di un gruppo di paesi “non allineati”, è diventato tutto più complicato e neanche la rivoluzione viene più percepita come soluzione per una trasformazione politica.
Come possiamo riconoscere una sinistra nella Russia odierna o nella Cina dove un uomo solo al comando impone il suo potere anche a paesi terzi limitrofi? Se un tempo la rivolta partiva dalla volontà di un popolo, oggi che siamo tutti parte di un continente (vedi l’Europa) o di un’alleanza strategica (vedi la NATO) o di un gruppo di paesi “non allineati”, è diventato tutto più complicato e neanche la rivoluzione viene più percepita come soluzione per una trasformazione politica.
Se le condizioni di base della sinistra sono l’uguaglianza dei cittadini nei diritti e nei doveri e la partecipazione alla cosa pubblica attraverso il voto e la discussione democratica, le statistiche odierne ci dicono che le disuguaglianze soprattutto economiche aumentano. Sul cosa fare poi per le famiglie indigenti, gli extracomunitari precari, le persone fragili fisicamente o psichicamente o ancora per l’infanzia abbandonata a se stessa, le soluzioni sono ancora fumose e contraddittorie. Anche la partecipazione alla politica lascia a desiderare, escludendo forse l’ambito lavorativo e sindacale, ne è la prova il basso indice di votanti alle ultime elezioni amministrative.
Eppure c’è stato un momento in cui ci si immaginava un mondo di risorse per tutti, in cui ciascuno fosse autore della propria vita una volta soddisfatti i bisogni materiali. Oggi purtroppo le risorse mondiali si sprecano nel consumismo sfrenato dei paesi ricchi, la pandemia continua a fare stragi in gran parte del globo mentre le grandi multinazionali del farmaco fanno profitto sui vaccini, senza curarsi di chi non se li può permettere; per non parlare del cambiamento climatico che provoca danni ingenti per alluvioni e siccità.
Che può fare oggi la sinistra? Sicuramente contrastare i nuovi fascismi e populismi dilaganti nel mondo. Forse potrebbe recuperare la sua ragion d’essere basandosi su una “umanità” cosmopolita, investendo nel volontariato, nelle cause di protezione da violenze e guerre, nelle ONG che salvano vite o in quei ricercatori che, condividendo i loro saperi, in poco tempo hanno trovato i vaccini necessari alla salvezza dal virus.