Contro la segregazione

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Le ultime orripilanti notizie di violenze sessuali da parte di ragazzi perlopiù minorenni, evidenziano un rapporto tra pari malato e tanto vicino alla struttura mafiosa, a sua volta correlata al patriarcato. Infatti certi gruppi di ragazzi (fragili?) si dispongono a credere al proprio leader ed alle sue sciocchezze, magari per ignoranza su certi argomenti ed a ridere alle sue battute.
Il patriarcato, almeno in Italia, si basa in gran parte sulla segregazione vissuta dai due sessi a partire dalla scuola. Solo nel 1962 la “scuola media unificata” permise le classi miste, pure se ostacolate nelle scuole cattoliche.
In città, soprattutto nei quartieri popolari, i bambini si incontravano in strada o nei giardini ma ben presto l’affluenza del traffico bloccò questa possibilità ed i ragazzi rientrarono in casa, passando più tempo davanti alla televisione. Oggi ci sono i giochi sui cellulari ed i social ad occupare i ragazzi, che, in particolare durante la pandemia, hanno vissuto (come tutti noi) il periodo più oscuro della vita sociale, senza poter condividere i giochi e le emozioni, che li facevano crescere con gli altri.
La mancanza di dialogo in famiglia si trasferisce nel territorio, creando incomprensioni e soprattutto l’inazione. Anche l’impresa italiana, nel migliore dei casi, si è fermata ad un passato assistenzialista verso le minoranze e le fasce deboli, invece di sviluppare politiche innovative basate sulle diversità culturali, esistenziali e di metodo. Invece lo sviluppo delle capacità collettive darebbe potere alle persone e alimenterebbe l’economia. E’ proprio l’uguaglianza nella diversità a scuola e sul luogo di lavoro a sviluppare la cultura dell’inclusione e l’interesse all’accoglienza ed alla cooperazione.
Una grave carenza italiana è la mancata valorizzazione delle risorse umane nel lavoro, nella ricerca, nella selezione e valutazione dei giovani. Ne è prova lampante l’assenza di strategie formative sul lavoro e sul managing, non solo nelle aziende ma anche nelle università, vista la fuga dei cervelli per le mancate opportunità di lavoro professionale e la difficoltà per le donne, pur capaci e dotate di specializzazioni ai massimi livelli, di affrontare una vita professionale e familiare libera da ostacoli discriminatori e burocratici.
Lo sviluppo positivo del percorso umano non può prescindere dalla pluralità dei rapporti sociali, in un progetto di condivisione di esperienze, di valori ed affetti, che costituisce la ricerca di tutta la vita.